[HC#01] Polvere che pulisce polvere: il segreto di ogni inizio!
Per superare le false narrazioni che ci vogliono allontanare dal risveglio, è necessario sostituire il modo in cui pensiamo a noi stessi e con il quale diamo inizio ai nostri progetti di vita.
Namastè e buon sabato!
Sono entusiasta di iniziare insieme a te questo percorso di approfondimento degli insegnamenti racchiusi nell’Hanuman Chalisa. Sarà un bellissimo viaggio e ci trasformeremo entrambi lungo il sentiero.
śrīguru carana saroja raja nija manu mukuru sudhāri baranaüm̐ raghubara bimala jasu jo dāyaku phala cāri
Con la polvere dei piedi di loto del Guru, pulisco lo specchio della mia mente così posso cantare le glorie di Raghuvara che conferisce i quattro doni della vita.
Questo primo verso mette in luce immediatamente una metodologia a molti sconosciuta o che spesso dimentichiamo: tutto si poggia sulle benedizioni perché è grazie a loro che può essere presa la direzione giusta e raggiungere il vero obiettivo.
A volte pensiamo che tutto dipenda da noi, dalla nostra forza di volontà, da circostante favorevoli, oppure, se ci riteniamo spirituali, dalla riscoperta della nostra natura divina, ritenendo erroneamente che abbiamo già tutto dentro, che siamo spiritualmente autosufficienti.
Ma la verità è che siamo semplicemente un ponte! Possiamo rivolgerci verso l’ego, e cercare così di prendere tutto il possibile dal mondo, senza fare prigionieri, oppure possiamo chiedere umilmente al Divino di volgere il Suo sguardo verso di noi, per permetterci di connetterci alla Sorgente e realizzare così la nostra piena potenzialità.
Tulsidas, l’autore dell’Hanuman Chalisa, inizia proprio chiedendo le benedizioni, le benedizioni del suo guru (maestro). Usa l’espressione “Sri Guru”, che può essere intesa anche come Sita, la madre divina, la sposa di Rama e il cuore dell’intero Ramayana. Sita infatti viene considerata il maestro più importante del Ramayana e la quintessenza della misericordia e della grazia.
Hanuman stesso apprende molti insegnamenti da Sita, quando la vede per la prima volta a Lanka, dov’era tenuta prigioniera da Ravana. Si dice che con le benedizioni di Sita tutto diventa possibile, e per questo motivo Tulsidas chiede a lei le benedizioni prima di accingersi nel difficile compito di pregare adeguatamente un’anima elevata come Hanuman.
Non solo, Sita ha la capacità di rendere ciascuno in grado di agire a sua volta come un maestro e questo rappresenta un secondo prezioso insegnamento.
Tulsidas parla di “fiore di loto”, un simbolo che ritroviamo spesso nella letteratura vedica. Il loto infatti è un fiore che sboccia da acque fangose, purificando ogni cosa con la sua bellezza e rimanendo incontaminato anche grazie ai suoi petali idrorepellenti. Da questo possiamo capire che sebbene a volte le condizioni esterne non siano sempre favorevoli, il guru non solo non ne rimane toccato ma illumina ogni cosa attorno a sé.
Anche noi siamo come fiori di loto, bisognosi di acqua e nutrimento intorno a noi (dato dal maestro), ma anche dell’energia del sole (che rappresenta il Divino, l’unica sorgente).
Tulsidas ci ricorda che lo specchio della nostra mente è sporco, rendendoci incapaci di vedere noi stessi e la nostra vera natura. Per pulirlo chiede di poter usare la polvere dei piedi di loto del maestro. In che modo? La polvere pulirà sia i suoi occhi che lo specchio, per potere vedere sia Rama, la fonte, che se stesso.
Prendere la polvere del guru significa servirlo. Un prete una volta mi disse in modo inequivocabile: “Se non servi la Vita, non servi alla Vita”.
E il miglior modo di servire il guru è ascoltare le sue parole. Parole che portano potenze a noi inconcepibili, narrazioni sconosciute.
La società crea narrative su qualsiasi cosa, ma il risultato è che non conosciamo realmente la nostra storia (e nemmeno la geografia), cosa muove la politica, come lavorare, qual è il cibo adatto a noi, come cambia il clima e perché, non comprendiamo la spiritualità, le dinamiche meravigliose dell’amore, tutto….
Questo significa che non sappiamo inserirci nel disegno divino, né come creare comunità e vivere in armonia con gli altri, come lavorare, come mangiare, come amare e infine come invocare su di noi la forza trasformatrice dell’energia spirituale.
Ecco perché il maestro che invoca Tulsidas parla di Rama, il Signore di Hanuman, perché ogni cosa che fa Hanuman ha l’unico scopo di portare gloria al suo Signore e questo rende ogni sua azione perfetta ed efficace.
Rama è anche il discendente della dinastia Raghu, ma in questo caso Tulsidas si rivolge ad Hanuman con questo titolo. Questo perché quando Hanuman incontra Sita per la prima volta, lei lo chiama “figlio” e anche Rama lo fa in molte occasioni. Tulsidas quindi ricorda l’alta considerazione che ha Hanuman agli occhi di Sita e di Rama, l’eterno aspetto maschile e femminile del divino.
Allo stesso modo, ogni creatura sotto il cielo è tenuta in alta considerazione dal Divino, ma spesso lo dimentichiamo, trattando gli altri a nostro uso e consumo e, peggio ancora, ritenendo noi stessi un semplice corpo temporaneo e non un’anima eterna. Con conseguenze catastrofiche…
In questo verso vediamo come, attraverso la parola, inizia una nuova narrazione dei misteri della vita, e infatti Tulsidas lo chiude dicendo che Raghuvara (Hanuman) è in grado di conferire i quattro doni della vita.
Questi cambiano a seconda di chi li cerca.
Per uno spiritualista ancora attaccato alla materia, rappresentano il dharma (religione), artha (successo), kama (desiderio) e moksha (liberazione).
Per uno spiritualista che sta già cercando la liberazione, diventano salokya mukti, ossia vivere dove risiede il Signore, samupya mukti, stare in compagnia di Dio, sayujia mukti, immergersi nel Brahman e distaccarsi completamente dalla materia e infine sarupya mukti, avere la stessa forma divina di Dio.
Per chi ricerca unicamente la devozione (bhakti) i quattro doni della vita diventano il vero dharma (devozione), Jnana (conoscenza), yoga (connessione con il Divino) e japa (la preghiera).
Tulsidas afferma così l’intenzione di quello che sta per creare, lo scopo e l’atteggiamento per raggiungerlo.
Questo primo verso quindi ci può aiutare a mettere in luce vari aspetti della nostra vita ma soprattutto in che modo iniziamo i nostri progetti, le nostre giornate, i nostri desideri.
Chi sono i nostri veri maestri? A chi realmente chiediamo le benedizioni? In che modo ci avviciniamo ai nostri obiettivi e con quali desideri?
Rispondere in modo sincero a queste semplici domande può donarci una chiara visione di come stiamo creando la vita intorno a noi e, se trovassimo qualche incongruenza, in che modo possiamo ritornare sui nostri passi.
śrīguru carana saroja raja nija manu mukuru sudhāri baranaüm̐ raghubara bimala jasu jo dāyaku phala cāri
Con la polvere dei piedi di loto del Guru pulisco lo specchio della mia mente così posso cantare le glorie di Raghuvara che conferisce i quattro doni della vita.
Alla settimana prossima!
Jaya Hanuman!
Andrea (Ananda Kishor)
Om tat sat