[HC#11] Considerarsi piccoli per diventare grandi
Come ci vede il Divino quando guarda la nostra anima intrappolata nelle miserie del mondo? Siamo piccoli, indifesi, infelici, ma incredibilmente splendidi!
Namastè e buon sabato!
Ecco una nuova versione dell’Hanuman Chalisa.
Ora addentriamoci subito nell’undicesimo verso perché parla di un momento particolare per Hanuman, per Sita ma anche per noi.
sūkṣma rūpa dhari siyahiṃ dikhāvā
bikaṭa rūpa dhari laṅka jarāvā
Sei apparso a Sita in una forma minuscola
in una forma terrificante incendiasti Lanka
Abbiamo già parlato di Hanuman che arriva a Lanka per cercare Sita, rapita dal malvagio Ravana e tenuta prigioniera nel giardino più inaccessibile dell’isola.
Per entrare nel giardino, protetto da 700 soldati donna, Hanuman assume una forma estremamente piccola e si addentra nel bosco del giardino.
Ma non era l’unica ragione per assumere quella forma minuscola. Questa sarebbe stata la prima volta che veniva in contatto con Sita, che considerava come una madre visto che Rama era diventato suo padre spirituale.
Hanuman infatti desiderava essere chiamato “figlio” da Sita e una forma minuscola, forse, l’avrebbe predisposta in tale sentimento.
Nel centro del giardino vide un albero maestoso e una figura femminile di grande grazie. Subito si rese conto che quella donna era proprio Sita.
Dovette contenere l’eccitazione perché attorno a lei c’erano molte donne soldato di guardia e non voleva attrarre troppo l’attenzione.
Nel frattempo arrivò Ravana, che tentò per l’ennesima volta di convincerla a sposarlo. Sita rifiutò per l’ennesima volta. Ma questa volta Ravana diede un ultimatum: se non avesse cambiato idea entro due mesi, l’avrebbe uccisa, e mangiata!
Le demonesse presenti, quando Ravana se ne fu andato, iniziarono ad insultare Sita dicendole che era folle a rinunciare alla posizione di sposa del grande Ravana.
Dopo un po’ la lasciarono in pace e iniziarono a bere. Alla fine si addormentarono. Era il momento che stava aspettando Hanuman per rivelarsi a Sita.
Come fare?
Sempre con una forma minuscola, ancora nascosto, iniziò a narrare le gesta del grande Rama. Sita si commosse subito e cercò di scoprire da dove provenisse quella voce. Finalmente c’era qualcuno che amava Rama, come lei. Quando Hanuman capì che era giunto il momento, uscì allo scoperto e si presentò a Sita.
L’affetto materno di Sita proruppe, tanto che lo chiamò subito “figlio”!
sūkṣma rūpa dhari siyahiṃ dikhāvā (Sei apparso a Sita in una forma minuscola).
Nella simbologia, Hanuman è considerato il maestro spirituale e Sita l’anima, tenuta prigioniera nel mondo materiale di Ravana. Hanuman infatti riconnette Sita a Rama, la fonte Divina. Le da nuovamente speranza nell’attesa che Rama in persona venga a liberarla.
Ecco il passo del Ramayana che descrive il momento in cui Hanuman, il maestro spirituale, vede Sita, l’anima perduta nel piano materiale.
Mentre leggi queste righe, immagina di esser tu quell’anima, guardata dal Divino con grande compassione.
“L’eroico Hanuman vide qui, circondata dalle Raksasi (demoni di forma femminile), una donna con le vesti sporche, magra per il digiuno, afflitta e che sospirava in continuazione. Era immersa in pensieri dolorosi e affranta per la sventura dello sposo: pareva un’elefantessa imprigionata in ceppi. Quella bella donna la scimmia la scorse seduta ai piedi di un albero, mesta, simile ad una falce di luna che appare ancora sfocata all’inizio della sua fase crescente. Per quella sua incomparabile bellezza, che poco veniva messa in risalto, era come la luce del sole velata da una fitta caligine. Era avvolta da una sola sopravveste color giallo scuro e con le sue braccia ben tornite nascondeva il ventre e il seno.
La scimmia la vedeva bella, per quanto priva di ornamenti, come Laksmi adorna di loti, pudica, afflitta, languida e angustiata. Sembrava Rohini quando incalzata da Rahu dalle rosse membra, la sacra tradizione contaminata dal dubbio, un’opulenza decaduta, una speranza svanita, la conoscenza oscurata. Aveva il volto rigato di lacrime; era triste ed emaciata per il digiuno, debole, addolorata, delicatissima e pia. Emetteva profondi sospiri, simile alla moglie dele re dei serpenti impaurita.
Era avvolta da una rete di dolore grande e ampia e somigliava a un raggio di sole coperto da una massa di fumo. Se ne stava seduta a terra con i capelli raccolti in un’unica treccia che le scendeva fino ai fianchi, come una penitente tutta assorta. Era tutta presa dai suoi pensieri la giovane e gemeva come una pecora: non vedeva nessuno che le fosse amico, ma vedeva solo raksasi. Era come una cerva abbandonata dal capo-branco assalita da una tigre: o come la mente quando è ottenebrata o come la conoscenza quando è offuscata. Era afflitta per l’offesa fatta a Rama e addolorata per stata rapita da demone. Così sorvegliata da quelle raksasi era come una stella Citra quando è afferrata da Rahu.
Senza forze, essa aveva i teneri occhi di una gazzella che rivolge lo sguardo in ogni direzione. Con il viso sconvolto, pieno di sofferenza e di lacrime, adorno di belle ciglia nere, traeva continui sospiri. Spora di fango e altro lerciume e disadorna, per quanto degna d’ogni ornamento, era simile alla luce della luna offuscata dalle nuvole nere. Al vedere questa donna la mente di Hanuman era in dubbio nel decidere chi ella fosse, così come la scienza sacra che era stata un giorno appresa si dilegua per colui che lo ha pratica religiosa. Ma proprio a causa dell’infelicità di lei, Hanuman, figlio del Vento, riconosceva la donna, allo stesso modo in cui il significato della parola sacra, senza un’acconcia educazione, rimane ambiguo. Ma, osservando quella dona dei grandi occhi che se ne stava là prima di volontà, sena ornamenti e che rifulgeva del proprio splendore, tormentata dall’infelicità, priva di ogni gioia, col volto rigato di lacrime, affranta e addolorata, smunta a forza di non mangiare, con i capelli raccolti in una sola treccia e vestita di vesti ascetiche, degna d’ogni felicità e tormentata, invece, dalla sciagura, ignara prima d’allora d’ogni disgrazia, sporca ed emaciata, Hanuman pensò: Ma costei è Sita!”
Anche tu hai pianto?
bikaṭa rūpa dhari laṅka jarāvā (in una forma terrificante incendiasti Lanka)
Dopo aver visto Sita, Hanuman decide di non tornare subito da Rama, ma di fare in modo di vedere faccia a faccia il malvagio Ravana.
Dopo aver creato un po’ di scompiglio per attirare l’attenzione e ucciso alcune divisioni di soldati, decide di farsi catturare per essere portato alla presenza di Ravana, che lo vuole uccidere ma suo fratello Vibhisana lo convince a desistere.
Hanuman offre dei buoni consigli a Ravana, tra i quali liberare subito Sita e chiedere perdono a Rama, ma il suo orgoglio non gli permette di accettarli e di ravvedersi anzi, decide di liberare Hanuman ma di dare fuoco alla sua coda.
Hanuman lascia fare e non appena la coda prende fuoco, si espande e inizia a volare sopra Lanka incendiando ogni cosa.
Anche questa volta Ravana non ha scelto la strada giusta…
bikaṭa rūpa dhari laṅka jarāvā (in una forma terrificante incendiasti Lanka)
sūkṣma rūpa dhari siyahiṃ dikhāvā
bikaṭa rūpa dhari laṅka jarāvā
Sei apparso a Sita in una forma minuscola
in una forma terrificante incendiasti Lanka
Alla settimana prossima!
Jaya Hanuman!
Andrea (Ananda Kishor)
Om tat sat